Marco Cavallo e il #COVID19
#COVID19 #restateacasa e #andràtuttobene: sono questi gli hashtag che
vanno per la maggiore in questo periodo.
Il virus sembra
riportare tutti alla stessa condizione: siamo tutti reclusi, siamo tutti
internati, siamo tutti privati di qualcosa, della libertà... C’è un ordine
superiore cui dobbiamo soggiacere.
La nostra singolarità
svanisce.
Siamo tutti
obbligati all’internamento, ridotti a una sola dimensione.
Come dietro le
mura i matti prima di Marco Cavallo. Noi internati di questo tempo, per una
ragione che bene o male condividiamo, i matti dietro le mura di ieri e di oggi,
senza tempo, a chiedere disperatamente una ragione.
Il virus ora sembra renderci tutti
uguali, ma basta fermarsi un attimo per cogliere la profondità, l’oscenità
delle diseguaglianze, delle lontananze, delle separazioni. Il virus ha
illuminato e ha fatto esplodere le distanze incolmabili. Non posso non pensare
alle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale chiuse in casa
costrette a subire un isolamento ancora una volta particolare e più doloroso.
La Pandemia, come è giusto che sia, prende il sopravvento, i servizi di salute
mentale si riducono, e si allontanano dalla vista proprio le persone che Marco
Cavallo ha liberato.
Penso a questa disuguaglianza e alle
case delle periferie: da Trieste e Napoli, da Roma a Milano, dove le famiglie o
le persone singole vivono in 40/50/60 metri quadri.
Ecco allora che subito mi appare
chiara l’immagine che mi porto dietro da tanti anni della vecchia mamma, magari
grassa e ingombrante, seduta nella cucina di pochi metri quadri, con il figlio,
ora cinquantenne.
Reclusi, senza la possibilità di
ricevere una visita, una telefonata o di andare in un centro diurno chiuso e
chi sa quando riaprirà. In casa c’è solo una vecchia televisione sempre accesa.
Il figlio fuma tanto e la madre lo rimprovera e immagino la pesantezza della
vicinanza.
Uso questa immagine per cercare di
dire a Marco Cavallo cosa vorrei che facesse: mi piacerebbe che la sua
azzurrità, così come ha toccato tante porte, chiusissime, e mura invalicabili
toccasse le tante porte delle periferie della nostra anima e delle nostre città
e portasse la brezza di primavera. C’è il cattivissimo virus corona e la
primavera non si è accorta di nulla ed è tornata. I prati sono diventati
bianchi di margherite ed è tempo di andare tutti “per i prati cavallare”.
“Voglio divertirmi a correre -
cantava Marco Cavallo - volare e sui prati andare a cavallare...”
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